Pensa al test del caffè: se prepari ogni giorno lo stesso messaggio, lo stesso reminder o la stessa sequenza di follow up, stai facendo un lavoro da barista digitale — utile, ma ripetitivo. Automatizzare quei passaggi ti regala tempo per concentrarti su cio che davvero conta: le storie, le idee e i copy che emozionano. Automatizzare non vuol dire diventare freddi, vuol dire togliere la noia dalla tua agenda.
Ecco tre criteri semplici per decidere cosa automatizzare e cosa scrivere a mano:
Pratico e veloce: mappa i processi ripetuti, crea template con placeholder per nome, prodotto e contesto, imposta trigger e threshold, poi testa in piccolo. Metti sempre un'uscita manuale (escape hatch) per i messaggi sensibili e monitora aperture e conversioni. Se il caffè fa soltanto compagnia, automatizza; se fa sorridere qualcuno, scrivilo tu: quella differenza paga in fedelta e risultati.
Non serve magia, serve metodo. Mappa il percorso dal primo click alla conversione e identifica i punti in cui intervenire automaticamente: iscrizione alla newsletter, visita ripetuta di una pagina prodotto, abbandono carrello, primo acquisto. Per ogni trigger definisci l obiettivo della sequenza, la tempistica e la microazione successiva: +10 punti per acquisto, +5 per apertura ripetuta, -20 per tre mesi di inattivita. Questo ti permette di far lavorare il funnel anche quando non sei al computer.
Segmenta prima di automatizzare e parla al singolo invece che allo spesso mucchio. Crea segmenti comportamento, valore e interesse, attiva contenuti dinamici e inserisci token di personalizzazione per nome, prodotto visto e motivo di visita. Se vuoi accelerare e capire come strutturare flussi che funzionano, prova a confrontarti con una proposta professionale: Instagram agenzia di marketing.
Decidi cosa scrivere a mano e cosa lasciare al bot: template per conferme, ricevute e reminder vanno bene in automatico; invece soggetto, preview text e almeno un paragrafo personalizzato per ogni segmento meritano cura umana o regole avanzate di copy dinamico. Punta su 3 email nella sequenza di benvenuto, 2 nella serie di recupero carrello e 4 messaggi di nurturing distribuiti su 30 giorni. Fai A/B test su soggetto e call to action, non sulle immagini sole.
Metriche e manutenzione definiscono il successo: misura apertura, CTR, conversione per segmento e valore medio ordine. Ogni settimana pulisci la lista da contatti inutili dopo due tentativi di reengagement e rivedi i punteggi lead ogni mese. Azione pratica ora: scegli la piattaforma, configura tre automazioni chiave, scrivi i messaggi di benvenuto a mano e lancia un primo test entro 7 giorni. Poco lavoro oggi, vendite mentre dormi domani.
Non tutto quello che parla del brand può essere delegato all automation: le parti che costruiscono empatia, mostrano difetti e creano relazioni devono essere scritte a mano. Usa la voce umana per accendere curiosità: una prima frase che sorprende, un dettaglio sensoriale e un tono che faccia sorridere.
Lo storytelling funziona con un arco narrativo, un conflitto e una trasformazione in miniatura. Scomponi ogni racconto in tre battute: problema, tentativo fallito e scoperta. Scrivi come se raccontassi a un amico: nomi concreti, immagini visive e un momento di vulnerabilita. Poi misura la risposta e ripeti.
Per la copy delle landing serve precisione chirurgica: headline che interrompe, proposta di valore limpida e leve di fiducia ben visibili. Controlla queste priorita prima del publish:
I post che fanno parlare su LinkedIn sono conversazioni, non monologhi. Apri con una domanda provocatoria o un dato fuori dal comune, racconta un caso concreto in 3-5 righe e poi chiudi chiedendo opinioni. Tagga persone rilevanti, rispondi ai commenti entro 24 ore e trasforma i migliori scambi in follow-up.
Automatizza cio che ripete e ti fa perdere tempo (calendario, distribuzione, report) ma lascia al team umano il primo touch, le aperture e le risposte strategiche. Se vuoi accelerare i numeri senza perdere la voce, prova ottenere subito reali Twitter likes e continua a curare le storie che solo tu puoi raccontare.
Usare l'AI come copilota non significa trasformare tutto in pilota automatico: significa dare comandi intelligenti. Parti da un brief breve ma completo — obiettivo, pubblico, tono desiderato, lunghezza e un esempio di output che ti piace — e chiedi all'AI di restituire tre varianti con specifiche diverse (formale/colloquiale, lungo/short, A/B copy). Questo ti evita di correggere uscite generiche e ti fa risparmiare tempo sulle parti ripetitive, lasciando a te il controllo delle sfumature davvero umane.
Per ottenere toni coerenti, crea mini-style guide che l'AI possa applicare automaticamente: tre aggettivi che descrivono la voce del brand, parole da evitare e formule approvate per le CTA. Chiedi all'AI di usare sempre quei parametri e di inserire alla fine di ogni output un breve motivo sul perché quella scelta funziona (2–3 righe). Un prompt furbo: “Scrivi 3 varianti di descrizione prodotto, tono: amichevole ma professionale, max 90 caratteri, CTA esplicita, evita superlativi; spiega in due frasi la scelta di parola chiave”.
Le revisioni sono la tua rete di sicurezza. Non basta generare: chiedi all'AI di auto-criticare i propri testi, di produrre un elenco di possibili rischi (tono troppo freddo, claim non verificato) e di proporre alternative concrete. Mantieni una checklist di qualità: coerenza del tono, correttezza dei dati, presenza di CTA, leggibilità. Se uno degli elementi fallisce, ritocca a mano: per cose come email personali, subject line delicate o copy con implicazioni legali, la penna umana resta obbligatoria.
Infine, integra il flusso: automatizza bozze e varianti, usa revisioni AI per scremare e conserva l'ultimo check umano prima della pubblicazione. Se vuoi testare idee creative e scalare la presenza su canali come Instagram, prova a esplorare servizi dedicati come Instagram sito web di promozione online; l'AI ti fa risparmiare ore, ma il tocco umano fa la differenza nel convertire.
Applicare la regola 80/20 all'automazione non è un esercizio filosofico: automatizzi il 80% delle attività ripetitive (invii, segmentazione iniziale, report) e lasci il 20% per la creatività umana (copy, follow-up personalizzati, interventi a caldo). Costruisci un calendario minimale: tre blocchi ricorrenti a settimana — contenuto pilastro, sequenza di nurturing, e promozione mirata — con template pronti così da non reinventare la ruota ogni volta.
Non servono 47 KPI, bastano i giusti: tasso di apertura/delivery, CTR, tasso di conversione (anche micro-conversioni), tasso di disiscrizione/reclami e valore per contatto. Metti soglie semplici: se il CTR scende oltre il 20% rispetto alla baseline o i reclami superano 0,1%, il sistema deve suonare un campanello. Dashboard essenziali = poche metriche, evidenza immediata.
I segnali che ti dicono di fermare la macchina sono pratici, non romantici: calo sostenuto dell'engagement, spike di spam complaints, feedback negativo ricorrente, o conversioni che evaporano. Quando succede, metti la pausa automatica, dichiara un "freeze" per A/B test manuali, re-segmenta gli invii e manda un messaggio umano che spieghi il cambiamento. Meglio rallentare e correggere che continuare a sputare contenuti inutili.
Se vuoi vedere come si traducono questi principi in tool e servizi, dai un'occhiata a compra follower online per farti un'idea pratica (e poi torna a ottimizzare la tua ricetta 80/20 con giudizio umano).
Aleksandr Dolgopolov, 11 November 2025